LA STORIA DELLA GEOLOGIA MARCHIGIANA ATTRAVERSO LE SEZIONI GEOLOGICHE


La sezione geologica è il punto d'arrivo di ogni ricerca a carattere geologico e si basa principalmente sulle osservazioni fatte durante il rilievo di campagna grazie alle quali si acquisiscono informazioni sul tipo di terreno nei primi metri dalla superficie.

Se poi si vuole conoscere ciò che è presente nelle “viscere della Terra” dovranno essere presi in considerazione i dati provenienti dai sondaggi geognostici profondi e dalle indagini geofisiche; poiché tali dati ancora oggi sono difficilmente disponibili, la sezione geologica spinta sino a qualche decina o centinaia di metri dalla superficie è, spesso, il frutto di un'interpretazione che dipende dalle conoscenze dell'epoca.

Pertanto, analizzando gli spaccati geologici eseguiti dagli scienziati del passato si può avere un'idea di come si sono evoluti nel tempo gli studi in questo campo.

I primi profili geologici compaiono all'inizio del '700 grazie all'ingegno degli scienziati italiani. Infatti sono da ricordare le sezioni disegnate da Antonio Vallisneri nel 1714 attraverso alcune sorgenti della Germania e della Svizzera (Vedi: Lezione accademica intorno l'origine delle fontane), e quella delineata da Giovanni Arduino nel 1758 lungo la Valdagno nel Vicentino (Vedi: Due lettere sopra varie osservazioni naturali dirette al Prof. A. Vallisnieri) che sono state un punto di riferimento per tutti gli studiosi dell'epoca. Successivamente, tra la fine del '700 e l'inizio dell' '800, i nostri geologi si sono ritrovati a dover arrancare dietro ai più fortunati colleghi inglesi, francesi e tedeschi perché in Italia, a causa della mancanza di materie prime (carbone e ferro), la spinta data alla ricerca mineraria ed alla geologia in generale dalla rivoluzione industriale, è stata piuttosto limitata rispetto agli altri paesi. Ciò nonostante, anche in questo periodo, la scuola e la tradizione geologica italiana sono stati in grado di formare figure di rilievo internazionale come il veneto Giovanni Battista Brocchi ed il molisano Leopoldo Pilla.

Il primo spaccato geologico del territorio marchigiano viene presentato alla Prima Riunione degli Scienziati Italiani tenutasi a Pisa nel 1839, proprio dal Pilla.

Il geologo molisano individua due sezioni alle estremità settentrionale e meridionale del Regno di Napoli; quella meridionale taglia la Calabria da est ad ovest tra Tropea e Stilo. Lo spaccato settentrionale va dalla foce del Garigliano a quella del Tronto attraverso una linea tortuosa passante “per Venafro, Castellone, Castel di Sangro, il Piano di cinque miglia, il Lago Fucino, Aquila, il M. Corno, il Pizzo di Sivo, Tottea, ed il Monte dell'Ascensione”. Le Marche vengono tagliate all'incirca lungo la valle del Tronto.

Tale sezione sarà un punto di riferimento importante per le successive ricerche sulla geologia del territorio marchigiano.

I primi a farne tesoro sono Alessandro Spada Lavini ed Antonio Orsini, entrambi legati al Pilla da un rapporto di stima ed amicizia. I due studiosi riprendono la sezione del geologo molisano modificandola ed adattandola alla morfologia ascolana e nel 1845 pubblicano lo Spaccato geologico dalle foci del Tronto alla catena della Sibilla. Dieci anni dopo, nel 1855, nella loro opera Quelques observations géologiques sur les Apennins de l’Italie centrale (edita da Bulletin de la Société géologiques de France) allegano varie sezioni delle Marche, dall'Urbinate alla Montagna dei Fiori, mantenendo l'impostazione data dal Pilla.


           Non molto diversi sono gli spaccati inseriti dallo Scarabelli nella
Carta geologica del Senigalliese e dell'Anconitano del 1857, che è interessante per il largo uso di giaciture fatto dall'autore.

Ad onor del vero occorre precisare che un altro studioso, prima dello Spada Lavini e dell'Orsini, realizzò una sezione del territorio marchigiano; è il pesarese Giuseppe Mamiani che nel lavoro del 1842 Di un singolare terreno di trasporto nella collina della Tomba di Pesaro delinea un piccolo profilo, lungo 30-40 m, attraverso la collina citata nel quale vengono evidenziati alcuni strati di cui uno fossilifero.



Una delle prime sezioni geologiche del territorio marchigiano (tratta da: A. Spada Lavini - A. Orsini, Osservazioni geologiche su quella parte del versante adriatico compresa tra il Monte Corno e l’Esino, 1845)

Osservando gli spaccati dei vari autori ci si rende conto di come in quegli anni fosse prioritario classificare il terreno da un punto di vista litologico attribuendogli un'età in base al contenuto paleontologico e, quindi, determinare i rapporti stratigrafici tra i litotipi; la comprensione dell'assetto strutturale delle aree attraversate dalle sezioni era decisamente di secondaria importanza. In particolare sono quasi del tutto assenti le pieghe rovesciate con vergenza orientale che rappresentano una delle caratteristiche principali della catena appenninica.

A colmare questa lacuna ci pensa il geologo tedesco K. A. Zittel che nel resoconto della sua visita nelle Marche pubblicato nel 1869 (Vedi: Geologische Beobachtungen aus den Central-Apenninen) allega la Sezione tra il M. Catria e Serra Sant'Abbondio. Ed è una sezione che farà scuola; lo Zittel, infatti, non è il tipo da trascurare anche i più piccoli dettagli e mette bene in evidenza gli strati rovesciati ad est del Catria.



Sezione disegnata da K. A. Zittel nel 1869

Il primo a recepire la lezione del geologo tedesco è il romagnolo Giuseppe Scarabelli che nel Bollettino della Società Geologica Italiana del 1883, pubblicato dopo il congresso organizzato a Fabriano dalla stessa società, disegna la Sezione geologica nelle valli del Sentino e dell'Esino.



Sezione disegnata da G. Scarabelli (tratta da: Bollettino della Società Geologica Italiana, Vol. II, 1883)

Cinque anni prima dello Scarabelli anche il camerte Mario Canavari prova a realizzare un profilo geologico; è il 1878 ed il Canavari nonostante sia ancora uno studente di matematica a Pisa, muove i primi passi nel mondo della geologia, mostrando un notevole talento. Ma la sua Sezione dal Monte Igno a Torre Beregna, lascia piuttosto perplessi e, probabilmente, avrebbe fatto “rabbrividire” lo Zittel; infatti il Bacino marchigiano interno viene rappresentato come una semplice sinclinale senza tenere conto del rovesciamento ad ovest di Camerino. Il prof. Meneghini, suo mentore a Pisa, tre anni dopo lo manda in Germania a perfezionarsi, proprio dallo Zittel.



Sezione disegnata da M. Canavari nel 1878

Verso la fine del secolo il concetto che la comprensione dell'assetto strutturale è di fondamentale importanza nello studio di una regione è ormai acquisito; lo dimostrano le Sezioni geologiche naturali dell'Isola d'Elba eseguite dal ripese Raffaele Matteucci nel 1894 e, ancor di più, la Sezione naturale della Montagna dei Fiori delineata dall'anconetano Guido Bonarelli per il congresso della Società Geologica Italiana tenutosi ad Ascoli nel 1899. Un po' meno la Sezione geologica attraverso la catena Catria-M. Nerone disegnata dal cantianese Tobia Morena sempre nel 1899; ma il Morena è un ingegnere, non un geologo!



Sezioni disegnate da R. V. Matteucci (tratta da: Le rocce porfiriche dell'Isola d'Elba, 1894)

Sezione disegnata da T. Morena (tratta da: Le formazioni eoceniche e mioceniche fiancheggianti il gruppo del Catria ..., Bollettino della Società Geologica Italiana, 1899)

All'inizio del ventesimo secolo la trasformazione industriale induce masse sempre maggiori della popolazione a spostarsi dalle zone agricole verso i centri abitati rendendo necessaria, per il miglioramento dell'igiene pubblica, l'individuazione di nuovi punti di approvvigionamento dell'acqua potabile. Nasce l'idrogeologia ed uno dei primi libri al mondo dedicati a questa nuova disciplina è il Manuale di geologia tecnica pubblicato dal Canavari nel 1928 e caratterizzato da numerosi profili geologici con indicato, rigorosamente, il livello idrostatico.





Sezioni disegnate da B. Lotti (tratte da: M. Canavari, Manuale di geologia tecnica, 1928)

Questo è anche il momento in cui la rete stradale e ferroviaria si allarga velocemente ed emergono i primi seri problemi con le frane. Nel 1918 alcuni scoscendimenti interessarono la collina del Montagnolo ad Ancona provocando come riferisce il Canavari “l'interruzione della strada provinciale e della sottostante strada ferrata di capitale importanza pel movimento ferroviario della penisola”; ancora il Canavari: “In causa della ubicazione della stazione di Ancona non era possibile modificare e spostare il tracciato ferroviario esistente; si studiarono pertanto i provvedimenti necessari e possibili da seguire per poter consolidare questa regione franosa ed assicurare così la continuità dell'esercizio della linea”. L'indagine geologica eseguita dal prof. Claudio Segré dell'Istituto Sperimentale delle Ferrovie dello Stato e pubblicata nel 1919 nel Bollettino della Società Geologica Italiana contiene due sezioni della frana, tra le prime in Italia attraverso un'area in dissesto, che furono riprese dal Canavari nel suo Manuale.



 Sezioni e pianta della frana di Ancona disegnate da C. Segrè nel 1919 (tratte da: M. Canavari, Manuale di geologia tecnica, 1928)

Lo studio dei terreni recenti del Pliocene e del Quaternario conduce alla nascita di una disciplina particolare, l'archeologia preistorica, il cui fondatore è considerato Giuseppe Scarabelli che nel 1850 aveva pubblicato alcune osservazioni sugli oggetti in selce raccolti nei pressi di Imola; nelle Marche si afferma rapidamente grazie soprattutto ai numerosi rinvenimenti preistorici nella Grotta di Frasassi esaminati dapprima dal De Bosis nel 1872 e successivamente dallo stesso Scarabelli nel 1879. Oltre al De Bosis diversi studiosi marchigiani si distinguono in questo campo; sono da ricordare principalmente l'ascolano Alessandro Mascarini e i due osimani Leonello Spada e Giuseppe Antonelli. Quest'ultimo nel 1932 disegnò anche due interessanti profili geologici attraverso le colline osimane e la valle del Musone che pubblicò nell'articolo Il Pliocene nei dintorni di Osimo, di Offagna e Monte Gallo, ed i suoi fossili caratteristici.




Sezioni disegnate da G. Antonelli nel 1932

Geol. Roberto Ranciaro

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